Per ogni essere umano, l’amore rappresenta una importante capacità e, allo stesso tempo, un naturale e profondo bisogno.
Tuttavia, talvolta può accadere che tale sentimento venga esperito attraverso delle modalità poco funzionali al benessere psicofisico. Quando una relazione affettiva assume la forma di un “legame che stringe” và ad alterarsi quel necessario equilibrio tra il “dare” e l’”avere”, e l’amore diventa un’abitudine a soffrire o una vera e propria “dipendenza affettiva”.
La “dipendenza affettiva” è una condizione patologica nel quale la relazione affettiva viene esperita come una condizione unica, indispensabile e necessaria per la propria esistenza. L’altro, oggetto d’amore, assume una importanza tale da portare ad annullare se stessi. A questa condizione sottende la profonda paura dell’abbandono, della separazione e della solitudine, paura che genera un costante stato di tensione.
La relazione affettiva è nutrita da un sentimento di amore che produce gli stessi effetti di una droga:
- Il soggetto prova una sensazione di piacere solo in presenza del partner; questo lo porta a ricercare sempre più tempo da dedicare al partner, riducendo il tempo da poter dedicare a se stessi e ai contatti con l’esterno.
- Il soggetto non riesce a pensare la propria vita senza l’altro: esiste solo in presenza dell’altro e la sua assenza genera uno stato di allarme.
- Il soggetto può manifestare con gelosia e possessività la paura ossessiva di perdere l’altro.
Le relazioni che instaurano queste persone soddisfano il bisogno di stare a tutti i costi all’interno di una relazione, vissuta come condizione necessaria alla propria esistenza. L’incastro di coppia, in una relazione cosi definita, è possibile con una persona forte e sicura di sé che. La persona forte per poter esercitare la propria superiorità, ha bisogno di una persona insicura e da sottomettere. Si instaura cosi una relazione in cui ognuno ha bisogno dell’altro per poter nutrire la propria esistenza. La persona “dipendente affettiva”, assumendo il ruolo della “parte fragile”, ha bisogno di una persona forte nell’illusione di poter essere protetta; il partner, assumendo il ruolo della “parte forte”, ha bisogno di una persona fragile per poter nutrire il suo enorme ego.
In una relazione sana, l’amore nasce dall’incontro di due unità, non di due metà. Solo se si ha la possibilità di percepirsi nella propria completezza sarà possibile anche donarsi senza annullarsi nell’altro. In altre parole, ognuno deve poter avere la possibilità di poter sperimentare sia le proprie “parti forti” che le proprie “parti fragili”, senza avere il bisogno di ricercarle nell’altro. Amare se stessi e diventare protagonisti della propria vita è la strada, da intraprendere per passare dalla dipendenza all’indipendenza. Concedersi la possibilità di farsi amare in maniera tale da rendere possibile lo stabilirsi dell’equilibrio tra il “dare” e l’”avere”, necessario per la nascita e la crescita di quel sentimento chiamato amore.
Il Centro clinico clarense offre un percorso di gruppo per aiutare queste donne ad esprimere il proprio dolore in modo costruttivo e dare un senso a quello che sta accadendo loro, con l’intento di stimolare cambiamenti di tipo relazionale.
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Psicologa clinica e psicoterapeuta a indirizzo cognitivo costruttivista, esperta in psicologia giuridica, CTU per il Tribunale di Brescia, formatrice. Si occupa di disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi dell’umore, disturbi dell’apprendimento.