Imparare un tecnica di rilassamento da poter gestire poi in autonomia. E’ questo il senso del training-autogeno: una pratica sempre più diffusa che prevede una buona dose di componente fisica, oltre che mentale. E che, una volta appresa, può essere per l’appunto gestita da sé.
Indicata per chi soffre di stress, ansia, panico, insonnia e emicrania – giusto per citare i casi più diffusi – necessita di qualche mese di allenamento per essere completamente padroneggiata: questo perché, come è noto, ansia e simili provocano delle reali reazioni biochimiche nell’organismo e bisogna quindi imparare a gestire il corpo nella maniera corretta.
Principi di base del training-autogeno
Tutto parte con la respirazione profonda, da effettuarsi se possibile in un ambiente confortevole: niente luci alte, niente rumori; meglio se indossando abiti comodi. In principio, si comincia nella posizione sdraiata, ma una volta padroneggiata la respirazione, si può effettuarla anche da seduti, o nella cosiddetta posizione del cocchiere.
Dopo un certo momento dedicato alla respirazione, si passa ai tre esercizi base: ovvero l’esercizio della Calma, l’esercizio della Pesantezza e l’esercizio del Calore. A questi, una volta imparati con cura, seguiranno gli esercizi della Fronte fresca, del Cuore e del Plesso solare.
Infine, al termine della sessione è buona norma prendersi del tempo per il recupero fisico dell’organismo al suo abituale ritmo: un momento detto del Risveglio.
Meglio con uno specialista
Almeno al principio, cioè nella fase di apprendimento della corretta esecuzione delle tecniche, è decisamente meglio seguire un corso ad hoc tenuto da uno specialista. Questo sarà in grado di correggere gli errori e, come da buona pratica, chiederà un feedback alla fine della lezione, aiutando così il soggetto a “personalizzare” sempre di più la tecnica. Che una volta appresa, è bene ricordarlo, va comunque tenuta in allenamento, per non perderla.
Non solo. La presenza di uno specialista è altamente indicata nei casi in cui il training autogeno possa essere sconsigliato, a causa appunto della componente fisica che lo riguarda: a tal proposito, in linea generale vale la pena ricordare che questa tecnica non si addice a chi soffre di cuore, o ha avuto un infarto, e a chi soffre di depressione, o di problemi psichici; mentre deve essere opportunamente modificata per le donne in gravidanza.
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Psicologa clinica e psicoterapeuta a indirizzo cognitivo costruttivista, esperta in psicologia giuridica, CTU per il Tribunale di Brescia, formatrice. Si occupa di disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi dell’umore, disturbi dell’apprendimento.