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L’obesità infantile in Italia

L’impatto e le ripercussioni dell’obesità sulla salute hanno raggiunto una rilevanza tale da aver indotto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ad intervenire con diverse iniziative per il monitoraggio e la prevenzione di uno stato che è ormai considerata una vera e propria patologia.
L’obesità non è un problema relegato alla popolazione adulta ma è sempre più presente anche tra i bambini con una stima di oltre 44 milioni di soggetti in eccesso ponderale in tutto il mondo. In Italia è stato istituito il progetto “Okkio alla SALUTE” promosso dal Ministero della salute che dal 2007 raccoglie dati sulle abitudini alimentari dei bambini della scuola primaria.
Il progetto ha lo scopo di descrivere la variabilità geografica e l’evoluzione nel tempo dello stato ponderale, delle abitudini alimentari, dell’attività fisica svolta dai bambini ma anche le attività che la scuola promuove l’educazione e l’attività fisica per migliorare le condizioni di salute dei bambini.
Le valutazioni comprendono le registrazioni delle misure antropometriche (peso e altezza), la somministrazione di un questionario semplice ai bambini per raccogliere informazioni sulle loro abitudini alimentari, i livelli d’attività fisica e la sedentarietà. Anche ai genitori dei bambini viene somministrato un questionario per registrare le abitudini alimentari e l’attività fisica dei propri figli. Infine anche i dirigenti scolastici compilano un questionario per la raccolta d’informazioni sull’ambiente scolastico.
Tra il 2007 ad oggi sono stati fatte quattro rilevazioni circa ogni due anni, l’ultima nel 2014, ognuna della quali ha coinvolto oltre 40.000 bambini e genitori e 2000 classi. I dati più recenti confermano un leggero calo dell’obesità infantile in Italia che dal 2009, anno delle prime rilevazioni, al 2014 è scesa dal 12,0% al 9,8%. Allo stesso modo la percentuale di bambini in sovrappeso è scesa dal 23,2% al 20,9%.
Allargando lo sguardo anche ai paesi europei che hanno aderito all’iniziativa COSI (Childhood Obesity Surveillance Initiative) l’Italia è però tra i paesi con la percentuale di bambini tra i 7-9 anni in sovrappeso più alta alla pari di Spagna e Grecia. Se invece focalizziamo l’attenzione alla sola Italia c’è una netta differenza tra le regioni del sud e del centro rispetto a quelle del nord dove la percentuale di bambini sovrappeso è più bassa.

Quali sono i fattori che influenzano questa condizione anche nei bambini?

Il primo aspetto da tenere in considerazione sono naturalmente le abitudini alimentari. Una delle abitudini più frequenti è quella di non consumare la colazione o di fare una colazione sbilanciata. Altra abitudine da correggere è quella di una merenda a metà mattina troppo abbondante, segue poi la mancanza di consumo quotidiano di frutta e verdura per finire con il consumo giornaliero di bibite zuccherate e/o gassate.
Tra le abitudini non legate all’alimentazione che favoriscono il sovrappeso l’assenza di attività sportiva o la sua pratica solo per 1 ora la settimana, la presenza di TV in camera e le ore davanti alla TV e/o ai videogiochi.

L’influenza dei genitori e della scuola

Il progetto “Okkio alla SALUTE” ha permesso di valutare le abitudini alimentari di bambini della scuola primaria tramite la misurazione di peso ed altezza per la valutazione dell’indice di massa corporea e tramite un questionario alle cui domande i bambini rispondevano basandosi sulle precedenti 24 ore.
Le abitudini alimentari di un bambino dipendono direttamente dalle abitudini dell’intera famiglia per cui anche ai genitori dei bambini che hanno partecipato allo studio per valutare la percezione che i genitori stessi hanno sullo stato ponderale dei figli stessi.
Dall’analisi emerge che il 38% dei genitori con figlio in sovrappeso od obesi considera il figlio sotto-normo peso e solo il 29% pensa che il proprio figlio consumi una quantità di cibo eccessiva. Allo stesso modo solo il 41% dei genitori con figlio fisicamente poco attivi ritiene che il figlio svolga poca attività fisica.
Oltre all’ambiente famigliare anche l’ambiente scolastico influisce sulle abitudini alimentari e sportive dei bambini. Tra gli aspetti considerati è stato riscontrato che 3 scuole su 4 hanno una mensa, circa la metà distribuisce merende con alimenti salutari o prevede attività motoria extracurriculare. Solo 1 su 3 ha coinvolto i genitori in iniziative sull’educazione alimentari o sportiva (per ulteriori dettagli http://www.epicentro.iss.it/okkioallasalute/ ).
Nonostante ci siano programmi strutturati per il controllo dei pasti in ambito scolastico in tutto il mondo lo studio sull’effettiva adeguatezza nutrizionale tra i pasti serviti e le indicazioni date. Una revisione dei tre diversi programmi negli USA sui programmi alimentari per bambini ha dimostrato come i pasti spesso sono ipercalorici, ricchi di grassi, ricchi di sodio e poveri di fibre, in generale con troppi carboidrati e proteine e troppo poche verdure.
Tra i disturbi correlati all’obesità infantile il fegato steatosico non dovuto all’alcol è quello più comune. Obesità e fegato steatosico associati anche ad insulino-resistenza e indici infiammatori elevati anche nei bambini. Non esistono indicazioni d’intervento medico, quello che si può fare è intervenire sulle abitudini alimentari e sullo stile di vita del bambino.
Un recentissimo studio pubblicato su BMC Pediatric ha valutato lo stato del peso corporeo di un gruppo di oltre 500 bambini seguita dall’età di 2 anni fino ai 17. Se nella prima fascia d’età analizzata la percentuale era dell’11,5%, già tra i 5-7 anni la percentuale cresce ad oltre il 13% fino a raggiungere il 20% quando i ragazzi hanno raggiunto i 15-17 anni. 6 bambini su 10 in sovrappeso od obesi a 2-4 anni lo sarebbero stati anche a 15-17.

Alimentazione e fasi della vita

Le diverse fasi della vita impongono esigenze nutrizionali diverse. L’accrescimento non è un semplice aumento delle dimensioni corporee ma comporta modificazioni biochimiche e trasformazioni metaboliche necessarie all’organismo per svolgere e mantenere ogni attività vitale.
I primi sei mesi di vita sono un periodo di crescita rapida con una richiesta di nutrienti elevata in proporzione al peso. Un apporto inadeguato può causare un arresto della crescita. Dopo la nascita il neonato perde tra il 5% e il 10% del suo peso per poi recuperarlo nei primi 10 giorni di vita. Il peso alla nascita è raddoppiato dopo 4-5 mesi e quadruplicato a 2 anni dalla nascita.
Dopo il primo anno di vita la crescita ponderale subisce una decelerazione a favore della crescita staturale fino al secondo anno di vita quando si assesta attorno ai 2 kg per anno. Anche la crescita in statura rallenta progressivamente fino ai 5 cm per anno tra i 5 e i 10 anni di vita.
Durante la crescita il rapporto tra le richieste energetiche dovute al metabolismo basale, all’accrescimento, all’attività motoria e alle perdite cambia radicalmente. Se per un neonato l’apporto richiesto di kcal/kg al giorno è pari a 85 per un bambino di 10-12 anni è di circa 72 fino ai 54 di un adolescente. All’interno di questi valori che sono solo dei riferimenti e non possono essere utilizzati generalizzandoli il metabolismo basale di un neonato rappresenta meno del 50% del fabbisogno giornaliero mentre aumento oltre fino al 55% durante lo sviluppo. In modo inverso invece le richieste energetiche dovute all’accrescimento calano dal 25% del fabbisogno giornaliero in un neonato fino al 15% in un adolescente.

Come prevenire l’obesità infantile

L’obesità è una vera e propria patologia in costante aumento tra i bambini anche in età prescolare con implicazioni organiche e psichiche che possono perdurare fino all’età adulta. Tra i fattori di rischio quelli famigliari più importanti sono la presenza di obesità nei genitori e lo stile di vita famigliare, tra quelli individuali una scorretta alimentazione nei primissimi anni di vita e una sedentarietà che va a scapito delle attività motorie.
Tra le azioni intraprese dal Ministero della Salute è stato implementato il progetto “Mi voglio bene” per sensibilizzare i genitori verso 10 azioni preventive per il sovrappeso e l’obesità infantile.

  1. Allattamento al seno per almeno i primi 6 mesi di vita: numerosi studi associano l’allattamento con latte materno ad un rischio più basso di sviluppare obesità. Se il latte materno fosse insufficiente va integrato con latte formulato a basso contenuto proteico.
  2. Svezzamento dopo i 6 mesi: l’introduzione di alimenti al di fuori del latte dopo i sei mesi se non imposti da motivi clinici individuali.
  3. Apporto proteico controllato nei primi 2 anni: l’apporto proteico è un altro fattore che influenza l’obesità infantile. L’apporto proteico controllato specialmente nei primi due anni di vita è associato ad un rischio d’obesità inferiore. La richiesta proteica varia in base all’età e al latte che il bambino assume.
  4. Evitare bevande zuccherate: si consiglia di somministrare solo acqua e latte favorendo precocemente anche il gusto e le preferenze del bambino.
  5. Sospendere l’uso del biberon entro i 24 mesi: questo per slegare il bambino da un’abitudine routinaria, abitudine comunque da non protrarre oltre i 12 mesi dalla nascita.
  6. Interrompere l’uso del passeggino dopo i 3 anni: per favorire i movimenti attivi ricorrere al passeggino solo quando il bambino è stanco o è pericoloso camminare. Nello stesso senso attività collettive come fare a piedi il tragitto casa-scuola sono da incoraggiare.
  7. Controllo della curva di crescita: ad un elevato indice di massa corporeo precoce (rapporto peso/altezza) si associano sovrappeso ed obesità oltre che ad un elevato rischio di alterazioni metaboliche.
  8. Limitazione della Televisione: da escludere per i primi 2 anni, limitazione a 8 ore la settimana tra i 2 e i 6 anni: questo al fine di limitare attività sedentarie e favorire attività motorie con l’indicazione ad 1 ora al giorno con una piccola tolleranza.
  9. Incentivare i giochi di movimento: proporre attività ludico-sportive con stimoli sempre diversi.
  10. Utilizzare corrette proporzioni alimentari in relazione all’età.

Perché rivolgersi ad un BIOLOGO NUTRIZIONISTA?

Il fabbisogno energetico di un bambino si ricava sommando il metabolismo basale, necessario per il funzionamento dell’organismo, l’energia richiesta per l’accrescimento e quella per l’attività fisica. Le esigenze nutrizionali cambiano in base all’età del bambino così l’alimentazione per un neonato è diversa da quella consigliata per un bambino che frequenta la scuola primaria come cambia ancora con il crescere dell’età. Così migliorare le abitudini alimentari già da piccoli, così come le abitudini sportive, è la miglior prevenzione possibile per evitare disturbi legati al peso.

Il Biologo Nutrizionista ha il compito di proteggere la popolazione dai rischi di malnutrizione, che sia questa per eccesso o per difetto, pianificando l’alimentazione fornendo i livelli di sicurezza dei diversi alimenti. In una fase delicata come quella dello sviluppo le richieste energetiche cambiando molto velocemente in base all’età. Una corretta alimentazione è uno degli strumenti che abbiamo a disposizione per prevenire tutti i possibili disturbi che un peso eccessivo può causare. Un apporto equilibrato tra tutti gli elementi nutrizionali è fondamentale per soddisfare le esigenze di crescita di un bambino, esigenze che variano in modo significativo rispetto alla fase evolutiva del bambino.
A partire dall’allattamento che dovrebbe essere fatto con latte materno passando ad uno svezzamento adeguato per tempistiche e per alimenti introdotti fino all’adolescenza ogni fase della crescita ha fabbisogni specifici e richieste diverse. L’offerta di cibi altamente zuccherati o di alimenti iperproteici per l’infanzia sono fattori di rischio su cui bisogna far tantissima attenzione.

La prevenzione del sovrappeso e dell’obesità infantile parte dai primissimi giorni di vita di un bambino fino alla fine della crescita ma non riguardo esclusivamente le abitudini alimentari ma abbraccia tutto quello che lo stile di vita del bambino, dalla sua propensione al gioco di movimento fino alle ore che passa davanti alla TV o ai videogiochi.

Abbiamo visto come un corretto stile di vita famigliare influenza positivamente o negativamente le abitudini dei figli ed è un fattore di rischio per il loro comportamento alimentare. Spesso l’occhio dei genitori non è in grado di valutare lo stato del peso dei figli sottostimandolo. Una valutazione precisa e puntale che raffronta il peso con le curve di crescita per età è il primo passo per valutare la reale condizione di un bambino per poi intervenire sulle abitudini alimentari e sullo stile di vita.

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