Tempo stimato di lettura: 9 minuti

Negli ultimi quattro mesi, oltre all’agitazione costante, alla paura per cose futile e alla preoccupazione, mi capita di avere mal di testa, tachicardia, dolori alle gambe e alle braccia, ho una tensione qui alla cervicale… sarà quella che mi causa le vertigini?… senza parlare degli spasmi e dei tremori. Come se non bastasse si è aggiunta anche la difficoltà a respirare, ho il fiato corto, mi sento sempre in affanno… ma questi sintomi li provano tutti?!

Cristina.

 

Cos’è il disturbo d’ansia generalizzato.

Secondo il DSM V (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbo Mentali) il disturbo d’ansia generalizzato si caratterizza per una condizione di ansia e preoccupazione (intesa come attesa apprensiva) eccessive rispetto a diversi tipi di attività, situazioni o eventi. La durata, la frequenza e l’intensità dell’ansia e della preoccupazione sono eccessive rispetto alla reale probabilità o impatto dell’evento temuto.

L’ansia viene definita generalizzata perché non è legata a determinate situazioni, ma riguarda un’infinità di situazioni o eventi. L’ansia, non essendo legata a specifiche circostanze, è difficilissima da controllare e gli evitamenti risultano quasi impossibili. Per poter fare diagnosi di disturbo d’ansia generalizzato l’ansia deve essere sperimentata dalla persona per la maggior parte del tempo e deve essere presente da almeno sei mesi.

Almeno tre dei sintomi sotto elencati si accompagnano alle preoccupazioni:

  1. stanchezza e facile affaticabilità;
  2. sensazione di gambe senza riposo e irrequietezza;
  3. vuoti di memoria;
  4. difficoltà di concentrazione;
  5. tensione muscolare (a volte accompagnata da dolore, tremori o contratture);
  6. disturbi del sonno (difficoltà all’addormentamento, risvegli notturni, sensazione di non aver riposato a sufficienza).

Si associano a questi anche dei sintomi somatici, come ad esempio, la sensazione di avere le mani appiccicose, l’eccessiva sudorazione, la bocca asciutta, problemi gastro-intestinali (nausea, diarrea, difficoltà digestive), brividi di freddo, difficoltà a deglutire e nodo alla gola.

Le preoccupazioni, in chi soffre di disturbo d’ansia generalizzato, sono numerose e si succedono velocemente (appena ne termina una, ne inizia subito un’altra) e sono accompagnate da emozioni di ansia, inquietudine, allarme. Riguardano possibili catastrofi future, ma le probabilità che queste accadano sono bassissime, le preoccupazioni sono difficili da controllare e riducono la capacità di pensare lucidamente.

Studi scientifici hanno confermato che chi soffre di questo disturbo può arrivare a trascorrere più della metà del suo tempo da sveglio a preoccuparsi di eventi che mai si verificheranno. Le persone che ne soffrono riescono a cogliere solo in un secondo momento (cioè dopo che l’evento catastrofico non si è verificato) che le loro preoccupazioni sono esagerate, eccessive e sproporzionate rispetto alla realtà.

Le preoccupazioni possono riguardare situazioni o eventi di vita quotidiana dove la persona immagina possano accadere possibili disgrazie o fallimenti a carico dei propri famigliari, inerenti le situazioni sociali, lo studio o il lavoro, o imminenti disastri economici. I temi centrali delle preoccupazioni riguardano i possibili problemi che possono presentarsi nel futuro, la paura di essere giudicati in modo negativo dagli altri, la paura dell’insuccesso e la tendenza al perfezionismo.

Ricordo che gli eventi temuti hanno una bassissima probabilità di manifestarsi nella realtà, inoltre il livello di ansia provato è così elevato da impedire alla persona di mettere in atto comportamenti atti a ridurre il pericolo temuto.

Un altro aspetto importante di questo disturbo risiede nel fatto che la persona è preoccupata di avere delle preoccupazioni con un dialogo interno del tipo: “non smetterò mai di preoccuparmi, impazzirò se continuerò a preoccuparmi così,…”

La preoccupazione della preoccupazione da vita a un circolo vizioso che va ad aggravare ulteriormente le difficoltà della vita quotidiana e i sintomi stessi, influenzando in modo inevitabile l’umore e lo stato d’animo di chi ne soffre.

Alcune persone affette da disturbo d’ansia generalizzato pensano che le preoccupazioni abbiano una funzione protettrice rispetto a ciò di cui hanno paura, con la credenza che se si pensa al peggio si sia più preparati ad affrontarlo. In queste persone il non preoccuparsi dà origine a sensi di colpa legati al senso di responsabilità, come se a causa del loro “non preoccuparsi” potesse succedere qualcosa di brutto. Siccome queste convinzioni difficilmente vengono confutate o messe alla prova, la persona continua a preoccuparsi fino ad arrivare ad avere vere e proprie rimuginazioni che mantengono e incrementano lo stato iniziale.

Le persone affette da disturbo d’ansia generalizzato tentano, nella maggior parte dei casi, di proteggersi dall’ansia e dalle preoccupazioni mettendo in atto una serie di atteggiamenti e comportamenti che, in una fase iniziale riducono la sensazione di ansia, ma con l’andare del tempo incidono in modo importante nel mantenere e rafforzare le paure. Tra gli atteggiamenti utilizzati si possono citare:

  • l’evitamento delle situazioni che si pensa possano generare o aumentare lo stato d’ansia, come ad esempio non leggere giornali, o guardare il telegiornale, per non venire a conoscenza di eventuali catastrofi, disgrazie o malattie;
  • il chiedere continue rassicurazioni, o cercare di rassicurarsi, rispetto al fatto che le cose andranno bene, recandosi spesso dal medico quando si sente una piccolo dolorino o una sensazione fisica “strana”, telefonare spesso a qualcuno per essere sicuri che stia bene, ecc. l’effetto delle rassicurazioni dura poco, l’ansia torna presto e si necessita di essere rassicurati sempre in maniera maggiore;
  • la soppressione della preoccupazione: questo atteggiamento ha l’effetto paradossale di aumentare le preoccupazioni perché la persona concentra tutta la sua attenzione proprio su di essa;
  • la procrastinazione: le persone evitano di fare determinate cose a causa dell’ansia legata alla paura di possibili disgrazie o alla paura di ottenere un risultato insoddisfacente;
  • il perfezionismo: controllare ripetutamente il lavoro fatto per assicurarsi che non abbia difetti con la tendenza a porsi obiettivi troppo elevati. Questo atteggiamento fa vivere in un costante stato d’ansia di non farcela e quando gli obiettivi non vengono raggiunti subentra la demoralizzazione.

 

Frequenza e Prognosi del Disturbo d’Ansia Generalizzato

Il disturbo d’ansia generalizzato di solito tende a cronicizzare, le persone che ne sono affette pensano che lo stato ansioso che permea lo loro quotidianità sia un lato del loro carattere, una caratteristica di personalità, piuttosto che un disturbo vero e proprio.

Il disturbo può avere un andamento discontinuo nel corso della vita, con acutizzazioni importanti durante i periodi di stress elevato. Secondo l’OMS (organizzazione mondiale della sanità) il 5% della popolazione mondiale soffre di questo disturbo, soprattutto le donne, ma solo un terso delle persone affette dal disturbo si rivolge ad uno specialista della salute mentale. Il resto delle persone, a seguito dei sintomi fisici sperimentati, si rivolge ad altre figure professionali come ad esempio cardiologi, gastroenterologi, medici di base, internisti o pneumologi.

 

Come capire se si soffre di disturbo d’ansia generalizzato

La prima cosa da fare è capire se si prova un’ansia “sana”, cioè normale in relazione alla situazione di vita che si sta attraversando (ci sono momenti di vita in cui tutti abbiamo dei buoni motivi per essere preoccupati), o se siamo di fronte a una forma di ansia significativa del punto di vista clinico e quindi si è preoccupati per una vasta gamma di situazioni, eventi, stimoli e non per un unico oggetto o situazione specifica.

Va sottolineato che l’ansia è un’emozione normale, tutti la sperimentiamo, la sua funzione è quella  di segnalare se ci troviamo in situazioni pericolose o spiacevoli, dandoci l’opportunità di fronteggiarle utilizzando risorse mentali e fisiche adeguate. Per comprendere meglio il concetto proviamo a immaginarci mentre stiamo percorrendo una strada con la bicicletta e ci rendiamo conto che un automobile non ci ha visti e sta per investirci, proviamo paura e pedaliamo più velocemente per evitare di farci male.

Un’altra funzione dell’ansia è quella di aumentare lo stato di vigilanza, importante quando dobbiamo fronteggiare situazioni impegnative come, ad esempio, sostenere un discorso importante per la propria carriera lavorativa dove se fossimo rilassati non riusciremmo a dare il meglio di noi stessi. Si può quindi affermare, che entro certi limiti, l’ansia è necessaria. Chiaramente quando il livello è troppo elevato incide diminuendo la capacità di pensare lucidamente e di risolvere i problemi.

Le preoccupazioni che caratterizzano il disturbo d’ansia generalizzato differiscono dalle preoccupazioni normali in quanto:

  • sono più invasive, pervasive, frequenti, durature, intense e numerose;
  • si susseguono in rapida successione;
  • sono collegate a eventi futuri che difficilmente si avvereranno;
  • sono accompagnate da emozioni di ansia molto intensa;
  • non sono collegate a fattori precipitanti, come ad esempio separazioni, perdite o malattie;
  • sono scarsamente controllabili o procrastinabili.

Sostanzialmente chi soffre di questo disturbo prova un’ansia pervasiva, eccessiva e poco controllabile che interferisce in maniera pesante sulla quotidianità influenzando in modo negativo la vita della persona.

Va sottolineato, inoltre, che i sintomi ansiosi si accompagnano sempre a tensione muscolare, irritabilità, irrequietezza, eccetera, che vanno distinti da condizioni mediche quali, ad esempio, l’ipertiroidismo o da reazioni tipiche di chi fa uso di sostanze psicoattive come la caffeina, farmaci ipnotici o sedativi.

Non si soffre di disturbo d’ansia generalizzato se la preoccupazione dipende solo ed esclusivamente da:

  • paure legate alla contaminazione (disturbo ossessivo compulsivo);
  • paura di soffrire di una grave malattia (ipocondria);
  • paura di sentirsi in imbarazzo quando si è in pubblico (fobia sociale);
  • paure legate al peso e alla forma del corpo (disturbi alimentari);
  • timore che si possa verificare un attacco di panico;
  • timore di rivivere un evento traumatico (disturbo post traumatico da stress).

 

Fattori di rischio legati al disturbo d’ansia generalizzato

Il disturbo d’ansia generalizzato si manifesta in modo graduale, l’età di insorgenza è solitamente compresa tra l’adolescenza e la giovane età adulta (intorno ai trent’anni), anche se questi soggetti affermano di essersi sempre sentiti molto ansiosi fin dall’infanzia. L’ansia può esordire o acutizzarsi in periodi di stress elevato (lutti) o a seguito di cambiamenti di vita importanti, come ad esempio cambi di casa o di lavoro.

Tra i fattori di rischio per l’insorgenza di questo disturbo possiamo elencare:

  • fattori genetici ed educativi che incidono sulle caratteristiche di personalità, cioè sulle modalità con cui una persona abitualmente pensa, reagisce e si rapporta agli altri. Le persone che soffrono di questo disturbo si descrivono come emotive, sensibili, che si preoccupano facilmente. Di solito queste caratteristiche sono comuni anche agli altri membri della famiglia e vanno ad influenzare lo stile educativo rafforzando le aspettative catastrofiche e i timori;
  • la tendenza a interpretare in modo catastrofico e minaccioso tutti gli eventi, con uno stile di pensiero negativo dove, ad esempio, lo squillo del telefono rappresenta l’arrivo di cattive notizie piuttosto che un amico che vuole fare una piacevole chiacchierata.

 

Conseguenze dell’ansia

Chi soffre di questo disturbo non riesce a far sì che le preoccupazioni smettano di interferire con le attività che sta svolgendo, incidendo pesantemente sul livello di attenzione e compromettendo il funzionamento lavorativo e sociale.

Inoltre la difficoltà di gestire le preoccupazioni e la loro presenza assidua diminuiscono il senso di autoefficacia e l’autostima, portando l’individuo a sviluppare una depressione secondaria.

Non da ultimo, queste persone hanno la tendenza ad abusare di sostanze psicoattive (droghe e farmaci) nel disperato tentativo di gestire il disturbo d’ansia o la depressione che ne consegue.

 

Modalità di Trattamento dell’ansia

Per un trattamento efficace del disturbo d’ansia generalizzato bisogna intervenire con un approccio integrato tra farmacoterapia e psicoterapia.

Per quanto riguarda la terapia farmacologica vengono utilizzati benzodiazepine e antidepressivi di nuova generazione. Spesso questi farmaci hanno un buon effetto nel produrre benessere entro tempi brevi, ma all’interruzione della loro assunzione nella maggior parte dei casi i sintomi si ripresentano, in quanto le cause che mantengono attivo il disturbo sono rimaste inalterate (sarebbe come curare la febbre che dipende da una polmonite solo con antipiretici, senza agire sulla causa della polmonite stessa).

I farmaci, riducendo il livello di ansia e di depressione, creano un ambiente favorevole per intervenire con la psicoterapia in maniera efficace. È proprio per questo che i due trattamenti, farmacologico e psicoterapeutico, sono associati.

Va sottolineato che la terapia farmacologica non è sempre necessaria, ma se ci troviamo di fronte a una situazione di ansia molto intensa che interferisce in modo significativo sulla quotidianità della persona è bene assumerla per un breve periodo. Spesso le persone non vogliono assumere farmaci perché temono di diventarne dipendenti, questo è un pregiudizio che ostacola l’efficacia del trattamento. È vero che le benzodiazepine, assunte per un lungo periodo, possono provocare dipendenza, ma è anche vero che assunte sotto stretto controllo medico specialistico (psichiatra) il rischio di dipendenza si annulla.

Per quanto riguarda il trattamento psicoterapeutico l’approccio che si è mostrato più efficace è quello cognitivo-comportamentale.

Secondo tale approccio le preoccupazioni e le rimuginazioni vengono considerate patologiche non tanto per quanto concerne il contenuto, ma soprattutto per la frequenza con cui si manifestano e per l’interpretazione che la persona ne dà.

All’esordio del disturbo d’ansia le persone tendono ad avere credenze positive sulle proprie preoccupazioni, cioè pensano che preoccuparsi gli permetta di riflettere in modo più adeguato e di trovare possibili soluzioni ai proprio problemi o prevenire catastrofi (“se continuo a pensare mi sento pronto ad affrontare ogni evenienza”). Inoltre entra in gioco la superstizione che “preoccuparsi tenga lontano il pericolo”. Accade così che un padre potrebbe temere che smettere di preoccuparsi per la salute del figlio andrebbe a far sviluppare realmente una malattia a carico del piccolo.

Si può dire quindi che, in fase iniziale, la preoccupazione sia deliberatamente ricercata dalla persona e che con l’andare del tempo le preoccupazioni diventino pervasive incidendo in modo negativo sulla vita dell’individuo stesso. Ne consegue la sensazione di non riuscire a controllarle e che ciò potrebbe essere rischioso, dando luogo alla tendenza di “essere preoccupati di essere preoccupati” con pensieri del tipo “impazzirò se continuerò a preoccuparmi così”.

Accade così che le preoccupazioni diventano intrusive, disturbanti e difficili da interrompere. I comportamenti di distrazione, controllo del pensiero, la continua richiesta di rassicurazione e gli evitamenti, momentaneamente riducono la sensazione di essere preoccupati, ma non agendo sulle credenze disfunzionali che le mantengono in essere, sul lungo periodo le rinforzano mantenendole sempre più attive. Si crea così un circolo vizioso che mantiene attivo il disturbo.

L’approccio cognitivo-comportamentale al disturbo d’ansia generalizzato prevede l’utilizzo di un protocollo così articolato:

  • formulare obiettivi condivisi tra la persona che chiede aiuto;
  • richiesta di eseguire compiti a casa che facciano sentire la persona parte attiva del processo terapeutico;
  • ricostruzione dell’esordio del disturbo e di ciò che lo mantiene attivo;
  • descrizione della situazione attuale;
  • stesura di uno schema di funzionamento del disturbo partendo dalle situazioni in cui la persona si sente ansiosa e preoccupata;
  • psicoeducazione sul ruolo che le credenze hanno sulle preoccupazioni;
  • individuazione dei giudizi sulle preoccupazioni che sono alla base del disturbo (pensieri disfunzionali) e messa in discussione di tali valutazioni;
  • insegnamento di tecniche di gestione dell’ansia;
  • esposizione graduale alle situazioni temute;
  • prevenzione delle ricadute attraverso il ricorso agli strumenti acquisiti in psicoterapia per fronteggiare le difficoltà

 

5/5 - (1 vote)
Share This